Applicazione del regime di decontribuzione per amministratori e familiari

rapporti di lavoroIn relazione all’esonero contributivo triennale previsto dal comma 118 dell’art.1 della legge n. 190 del 23 dicembre 2014 può diventare interessante capire se è possibile gestire con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato prestazioni di lavoro svolte con strumenti giuridici diversi, riconducibili alle figure di amministratori, soci e familiari. Non solo: l’inizio della stagione estiva potrebbe portare all’utilizzo del part time ciclico a tempo indeterminato, in luogo del tradizionale contratto a termine stagionale.
La prima domanda che ci dobbiamo porre è se i casi in studio sono configurabili come lavoro subordinato a tempo indeterminato e gli eventuali benefici che ne derivano.
Quest’ultime, in estrema sintesi, prevedono che alle assunzioni effettuate nel periodo 1° gennaio 2015 – 31 dicembre 2015 sia riconosciuto, per un periodo massimo di trentasei mesi, l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di 8.060 euro su base annua.
ipotizzando che non sussistano le condizioni ostative previste dalla legge per non beneficiare dell’esonero, passiamo ad analizzare le varie situazioni.

Gestire le attività stagionali non con contratti temporanei, come il contratto a termine e la somministrazione, ma con part time verticali a tempo indeterminato è perfettamente legittimo e non contrasta con la possibilità di beneficiare dell’esonero. Semmai il problema principale di tale costruzione, di diritto legittima, è rappresentata dall’impossibilità per i lavoratori di ricevere indennità per la disoccupazione, l’odierna NASpI, per i periodi di non lavoro, fermo restando che il contratto rimane in essere e quindi il lavoratore non si trova tecnicamente in una situazione di perdita involontaria dell’occupazione.
La stessa questione era già stata affrontata in vigenza dei precedenti strumenti di sostegno e la Corte Costituzionale con sentenza 24 marzo 2006 (tradotta nella circolare INPS 55/2006) era giunta alla conclusione che il perdurare del rapporto di lavoro nei periodi di sosta assicura al lavoratore impiegato a tempo parziale verticale “una stabilità ed una sicurezza retributiva, che impediscono di considerare costituzionalmente obbligata una tutela previdenziale della retribuzione nei periodi di pausa della prestazione” lavorativa.

La seconda situazione che andiamo ad affrontare riguarda il lavoro dei familiari, soprattutto nelle piccole imprese o nelle ditte individuali.
E’ bene premettere che è estremamente difficile configurare un contratto di lavoro subordinato con un familiare stretto, nell’ambito di un’impresa individuale in quanto in tale contesto opera una presunzione di gratuità della prestazione, in particolare per il familiare convivente, trovando essa causa nei vincoli di affetto e solidarietà del contesto familiare.
Per superare la presunzione di gratuità della prestazione è necessario che sia data la piena prova dell’instaurazione di un rapporto subordinato, mediante la dimostrazione dell’assoggettamento al potere direttivo del familiare datore di lavoro, la c.d. etero direzione, e dell’erogazione di un corrispettivo periodico al familiare dipendente.
Sulla scorta anche di quanto ribadito dalle pronunce della Corte di Cassazione 05-09-2014, n. 18783 e della Corte di Appello di Genova 14 aprile 2014, concludiamo che è sicuramente salutare abbandonare l’idea di configurare come lavoro dipendente il lavoro prestato dal familiare nel contesto delle imprese familiari.

Per gli amministratori, il discorso è diverso e se consideriamo la sentenza 329/2002, con la quale la Corte di Cassazione ha affermato che “la qualità di amministratore di una società di capitali è compatibile con la qualifica di lavoratore subordinato della medesima ove sia accertata l’attribuzione di mansioni diverse dalle funzioni proprie della carica sociale rivestita e in caso di attribuzione allo stesso soggetto solo delle funzioni inerenti al rapporto organico, la nullità del rapporto di lavoro avente ad oggetto quelle stesse attività non esclude il diritto al distinto compenso specificamente deliberato in favore degli amministratori”, potremmo addivenire alla conclusione che il capo all’amministratore è possibile cumulare, in via generale, i due rapporti purché siano rispettati le seguenti condizioni:
1 Sussistenza di un rapporto di subordinazione, caratterizzato dalla soggezione all’eterodirezione ovvero l’amministratore non deve assorbire nella sua carica tutti i poteri di direzione, controllo e rappresentanza della società, o comunque poteri di amministrazione straordinaria o la totalità dell’amministrazione ordinaria, rendendo di fatto impossibile una soggezione di dipendenza verso un qualunque soggetto o organismo della stessa: deve sussistere un soggetto, ovvero un organismo, come il cda, che eserciti i poteri tipici della subordinazione, ancorché attenuata da una eventuale carica dirigenziale.
2 Alterità oggettiva tra le prestazioni in esecuzione del rapporto di lavoro subordinato e quella svolta come amministratore.

In conclusione pur potendosi configurare in capo all’amministratore anche un rapporto di lavoro di tipo subordinato è bene evidenziare che è onere del soggetto dimostrare agli organi ispettivi la sussistenza di condizioni oggettive che sostengono questa posizione la cui assenza e/o insufficienza avrà la conseguenza di vedere revocato il beneficio dell’esonero contributivo.